Banca cassette di sicurezza


La normativa dal punto di vista assicurativo


Con riferimento alla tesi di alcuni assicuratori che contestano la responsabilità della banca per gli importi che eccedono il limite massimo di valore della cassette di sicurezza, viene di seguito analizzato il contesto giuridico della fattispecie, vista nell’ottica dei rischi di tale tesi, che appare temeraria.

An Debeatur
La materia è regolata dal contratto di locazione delle cassette di sicurezza, disciplinato dall’art. 1839 CC, per il quale la banca risponde verso l’utente per l’idoneità e la custodia dei locali e per l’integrità delle cassette, salvo fortuito.

Detto contratto, dunque, ha caratteristiche del contratto consensuale, simile alla locazione di cose ed alla locatio operis; infatti la banca (verso il corrispettivo del canone) assume le obbligazioni tipiche di cedere in uso dei locali idonei all’espletamento del servizio, di provvedere alla custodia dei locali medesimi e di tutelare l’integrità delle cassette, con un’idoneità delle difese.

L’oggetto del contratto non va ravvisato nella custodia, né nella garanzia delle cose contenute nelle cassette (la cui presenza è meramente eventuale), bensì nella sicurezza degli stessi locali dell’azienda di credito in cui le cassette sono situate.

Le prestazioni della banca dedotte in contratto consistono essenzialmente in un facere avente come esclusivo termine di riferimento i locali in questione e che le modalità d’esecuzione del facere devono corrispondere alla professionalità del bonus argentarius, richiedente un massimo grado di diligenza nella predisposizione dei mezzi idonei rispetto agli eventi pregiudizievoli e comunque prevedibili.

Sia l’art. 1839 CC che l’art. 3 delle norme bancarie uniformi per il servizio delle cassette di sicurezza delineano una presunzione di responsabilità della banca dalla quale essa può liberarsi solo dimostrando il fortuito, che in ogni modo non può individuarsi nella rapina in quanto tale, atteso che trattasi di situazione prevedibile.

Secondo un orientamento oramai consolidato della giurisprudenza la banca per sollevarsi dalla responsabilità deve fornire prova positiva del fatto per il quale non è tenuta a rispondere, tale fatto, per essere esimente della responsabilità, deve essere imprevedibile o, se prevedibile, inevitabile (Cassazione 27/03/76 n° 2981 e 29/03/76 n° 1129).

Per la rapina, con le caratteristiche di quella che stiamo esaminando, che si è manifestata prima con l’introduzione dei malviventi nei locali della banca e poi con la violenza alle persone dell’istituto bancario (rapina), non si può che riconosce in modo inconfutabile la responsabilità della banca, che è tenuta a svolgere attività idonea a scongiurare eventi d’introduzione nei locali ove si trova il caveau (prevenzione necessaria anche a contrastare i furti).

Si delinea, per quanto sopra osservato, una presunzione di responsabilità bancaria obbiettiva dalla quale l’istituto di credito può esimersi solo fornendo prova del caso fortuito che, come si è visto, non può assolutamente individuarsi nel caso specifico, che deve essere evitato dalla professionalità della banca.

In tale situazione ne consegue che non grava sull’utente l’onere di dimostrare l’inadeguatezza delle difese esistenti e disposte dalla banca, dovendo egli limitarsi alla dimostrazione del danno subito e della sua entità, gravando invece sulla banca l’onere di provare il caso fortuito.

Quantum
Sulla clausola negoziale che limita il risarcimento del danno da parte della banca nell’ambito del valore massimo dei beni introdotti nella cassetta, ancorché tale valore sia ragguagliato a vari livelli di canone, integra un patto d’esonero di responsabilità, il quale è da considerarsi nullo, ai sensi ed agli effetti dell’art. 1229, primo comma, CC, trattandosi nella fattispecie di colpa grave della banca, senza che tale clausola nulla possa influire sulla limitazione quantitativa del danno risarcibile.

Tale clausola contrasta con il dettato legislativo: [omissis] “… è nullo qualsiasi patto che esclude o limita preventivamente la responsabilità del debitore per dolo o colpa grave [omissis]…”, ma è anche inconciliabile con la funzione che il legislatore ha inteso assegnare alle cassette di sicurezza, in virtù della professionalità bancaria, che deve essere caratterizzato dalla massima sicurezza contro eventi dannosi, umani, naturali prevedibili.

Per quanto concerne la prova del danno, la dottrina ammette la possibilità per il giudice di ricorrere alla prova presuntiva di cui all’art. 2729 CC, per formarsi il proprio convincimento in ordine al contenuto delle cassette (cassazione 16/12/86 n° 7557, 17/02/87 n° 1700, 02/12/88 n° 6987 e 13/05/82 n° 3000). La Suprema Corte ha stabilito che il contenuto delle cassette di sicurezza può essere anche presunto come “fatto certo e specifico” (ex artt. 2727 e 2729 CC), mentre il valore dello stesso “può essere stimato con valutazione equitativa ai sensi ed agli effetti dell’art. 1226 CC”, con una valutazione volta ad accertare la quantità da ritenersi più probabile in base alla comune esperienza.

In altre parole l’atteggiamento dell’assicuratore, potrebbe risultare perdente sia sul fonte della responsabilità, che su quello dell’entità dei danni sofferti.




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