Danni esistenziali 1 (decesso del figlio)


Sentenza N. 19402 del 2013


La tragica morte di un figlio ventenne in un incidente stradale non fa sorgere un diritto automatico al risarcimento del danno esistenziale per i familiari superstiti.

Ferma ovviamente restando la risarcibilità di tutti i danni non patrimoniali (articolo 2059 del Codice civile) il giudice dovrà accertare non solo un «inevitabile» cambiamento di abitudini, ma «autentici sconvolgimenti nella vita dei familiari superstiti, tali da comportare scelte radicalmente diverse».

E la prova di un tale "disastro" nell'equilibrio esistenziale della famiglia resta a carico di chi promuove l'azione.

Con una lunga e articolata sentenza (19402/13, depositata ieri) la Terza civile della Cassazione torna a riallacciare il filo conduttore dei danni "atipici" – che «atipici» poi non possono essere, proprio alla luce dell'articolo 2059 c.c. («Il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei casi determinati dalla legge») – declinando gli ultimi cinque anni di giurisprudenza sul punto.
Il caso analizzato risaliva a un incidente avvenuto sull'Autostrada del sole all'altezza di Viterbo nell'inverno del 1993, schianto in cui persero la vita quattro dei cinque occupanti ventenni di un'auto finita sotto un Tir fermo sulla corsia di sorpasso.

I genitori e il fratello di una delle vittime avevano ottenuto in primo grado risarcimenti a scalare per poco più di 460mila euro complessivi, dedotta una quota del 20% di responsabilità a carico del conducente dell'auto disintegratasi nell'impatto.

In appello i giudici di Roma (anno 2006) avevano confermato i calcoli, riconoscendo ulteriori 10mila euro a testa per i genitori a titolo di danno morale, per la sofferenza patita a causa dei danni fisici del figlio sopravvissuto allo schianto.

Secondo l'Appello, «il danno biologico ed il danno morale non sono per loro natura suscettibili di una valutazione con criteri oggettivi» e in ogni caso l'importo complessivo liquidato in primo grado era «ampiamente soddisfacente».

Al verdetto si era nuovamente opposta la famiglia del giovane defunto, lamentando che questi «era solito avere con il fratello una comunione di vita molto forte, trovando nel fratello maggiore un punto di riferimento», mentre i genitori sottolineavano una «profonda alterazione degli equilibri della vita familiare», più grave della quantificazione definita dai giudici di merito.

La Terza civile, nel ricostruire il «sistema bipolare» (patrimoniale e non) dei danni da illecito/reato, ribadisce che il riconoscimento dei «diritti della famiglia» va inteso non solo come proiezione meramente interna «ma nel più ampio senso di modalità di realizzazione della vita stessa dell'individuo alla stregua dei valori e dei sentimenti che il rapporto parentale ispira» e che quindi se «il fatto lesivo abbia profondamente alterato quel complessivo assetto (...) il danno non patrimoniale consistente nello sconvolgimento delle abitudini di vita deve senz'altro trovare ristoro».

Le Sezioni Unite poi, con la notissima sentenza 26972/08, pur escludendo un'autonoma figura di danno "esistenziale" avevano riconosciuto la risarcibilità del «danno da lesione del rapporto parentale», in quanto diritto protetto dalla Costituzione.

Danno morale e danno alla vita di relazione rispondono, secondo la Corte «a prospettive diverse di valutazione del medesimo evento lesivo» che può provocare «conseguenze alla salute medicalmente accertabili, un dolore interiore ed un'alterazione della vita quotidiana», situazioni «diverse ma tra loro collegate».

Il giudice in sede di liquidazione del danno dovrà perciò tenere conto dei diversi aspetti della fattispecie dannosa, «evitando duplicazioni ma anche "vuoti" risarcitori" perché ciò che assume portata decisiva è la centralità della persona e l'integralità del risarcimento del valore uomo».


Organo emittente della sentenza

Suprema Corte di Cassazione - sezione Civile



» Sentenze «
Oltre 200 stralci di sentenze in materia assicurativa, riportate in modo utile e schematico.